LA BELVA 27 Dic 200927 Dic 2009Inviato su "repubblica"Tag belva, impresario4 commenti Hai morbide cadenze. Muovi passi lenti, Salti agile, belva felpata. Ti muovi nella foresta della città. Ti muovi da fiera e puzzi selvatica. Ed il tuo pasto è carne fremente. Mangiafuoco ha aizzato la tua fame insaziabile L’impresario. Epimetèo. Ha aperto la tua gabbia. Pandora famelica. Consumi ansimante, bestia, lo spazio della città. Divori gli agnelli mentre gemono le madri innocenti. Ti nutri di sangue caldo, dea senza tempio. Non ti nutre la gloria dell’occhio di cristallo. Ti attrae senza freni l’amplesso selvaggio della massa tumultuante. Belva senza requie che ti aggiri nella foresta dei tronchi di luce. Un pazzo sacerdote della religione della luce a catòdi ti liberò. E irradi per le vie morte la tua vibrazione di dolore senza fine. Il tuo odore fradicio conquista l’animo delle vergini immacolate e degli innocenti rami d’ulivo. Attendono ansimanti e sudate le vittime l’ultimo respiro singhiozzante. Mentre affondi le lame dei tuoi denti affilati. Porgono la gola, il cuore, alla tua fame senza fine. Alzano preghiere, gelide, anzichè pianti, o fremiti di pallida paura. Ti ha liberato il funambolo. E ti ha ordinato, compiacente, di restare al suo servizio. Ti ha liberato il re dei trucchi. E tu, infame belva senza vergogna, obbedisci come una cagna. Tu, che non hai padrone tra le genti sulla terra. Ha aperto la tua gabbia, immonda bestia degli inframondi, armato del suo sorriso scintillante. E tu, padrona delle calde creature, hai scelto il suo servizio. Tu, docile angelo con la spada di fuoco, innalzi ora il tuo ruggito, schiava, adesso, nelle piazze affollate. Condividi:LANGUAGEE-mailAltroTweetRedditStampaCondividi su TumblrMi piace Caricamento...