E’ LA VITA, TUTTO QUESTO!

Photo by Pierperrone
Photo by Pierperrone

Mi sono messo a guardare le foto che avevo scattato nel viaggio in India; volevo rimetterle a posto, dargli una sistemata perchè al ritorno non lo avevo mai fatto. Mi ero limitato a scegliere quelle che mi erano sembrate più belle e le avevo caricate sul blog di viaggio. Quel blog, poi, l’ho messo da parte e ormai è solo un ricordo, malfunzionante, anche se ancora veleggia nella rete.
E mi sono messo a guardare quelle foto anche perchè qualcosa mi chiamava, da lì.
Qualche voce misteriosa.
Qualche spirito non assopito.
Quando ho cominciato a sfogliarle, una ad una, ritagliando qualche dettaglio, sfumando qualche eccesso di esposizione, accendendo qualche colore troppo smorto o dando luce a qualche grigiore troppo nebbioso, è accaduto … che il programma Picasa che uso per mettere a posto le foto si è preso il dito e tutta la mano, diciamo così, mi ha preso prigioniero, mi ha rapito e riportato in quel mondo.
Ho visto, anzi rivisto, o rivissuto quei giorni, quelle tappe.
Ed ho avuto, ancora una volta, quei colori dinanzi agli occhi, quel senso della vita così strana e differente dalla mia, quel sentimento di appartenenza al mondo della natura che noi, qui, nel mondo progredito e tecnologico, abbiamo irrimediabilmente perduto.
Userei il termine “innocenza” per definire quel rapporto amniotico che lega gli uomini all’ambiente che li circonda, proprio come nel grembo materno il piccolo feto è avvolto e nutrito dalla membrana materna.
Ma non posso essere certo di nessuna innocenza, neppure di quella di quegli uomini così lontani, nel tempo, nello spazio, e nella cultura, anzi, proprio perchè si tratta di uomini così lontani, non vorrei attribuire loro pensieri che, invece, sono nati da me.
Mi sono tornati alla mente quei pensieri fatti viaggiando in quella terra così vasta da sembrare immensa – eppure io ne ho visitata soltanto una porzione piccola così – una terra grande quanto un intero continente, abitato da così tante persone che potrebbero riempire le case, le strade e le città di tutti i nostri Stati più ricchi del mondo, una terra e delle persone che vorrei saper descrivere così bene da spiegarne tutti i dettagli, uno per uno.
Impresa impossibile, certo, ma solo se ho la pretesa di voler usare le parole, per dire ciò che vorrei.
Se rinuncio alle parole per raccontare quello che pure vorrei, allora, forse, qualcosa riesco a descrivere.
L’uomo fra le braccia di Dio, alla ricerca del destino, alla ventura fra gli elementi naturali, alla realizzazione di sè.
L’uomo traditore ed egoista, orgoglioso e lungimirante, fabbro e contadino.
L’uomo che prende la vita per mano e accompagna gli dei solitari in viaggio nel mondo.
L’uomo che si lava per purificare l’anima, che brucia i morti per purificare i corpi dalle malattie della vita, che adora gli dei che abitano le cose più umili.
L’uomo che sovrasta, ammazza, violenta, distrugge i suoi simili.
L’uomo che domina, ordina, governa e spadroneggia la natura.
L’uomo nano e l’uomo gigante.
L’uomo vile e l’uomo coraggioso.
L’uomo albero e l’uomo nuvola.
L’uomo uomo e l’uomo bestia.
L’uomo e la bestia.
La belva, la bestia e l’animale.
L’uomo mansueto e l’uomo feroce.
L’animale sempre più innocente dell’uomo.
L’uomo libero come l’animale e l’animale prigioniero in una gabbia.
L’uomo che vuol rinchiudersi nella gabbia e l’animale che non si può rinchiudere davvero nelle gabbie.
L’uomo randagio come un animale in pericolo e l’animale randagio come un uomo in pericolo.
L’animale libero e felice di non avere niente da difendere e l’uomo libero e felice di non avere qualcosa da difendere.
L’uomo perennemente in guerra con se stesso e l’animale eternamente in pace col mondo anche quando uccide.
L’uomo che allunga una mano per afferrare la manna che cade dal cielo e l’altro uomo, intoccabile, che per vivere fa l’elemosina agli animali umili e sacri.
L’uomo che bacia la pioggia e la pioggia che bacia la terra.
No, capisco che le parole non bastano, non possono bastare per raccontare un mondo a se stante, qualcosa che assomiglia ai miti studiati sui libri di scuola.
Allora, ho pensato che le immagini, le foto che avevo scattato potessero dire molto di più.
Ed ho cominciato a montarle, per rendere meno pesante l’esposizione, insieme ad una base sonora.
E’ sempre la solita tecnica.
Il racconto buddhista del monaco Mai Sprezzante, oppure la musica magica di Miles Davis di quest’altro video che propongo stasera.
Poi, domani, forse, o un altro giorno, chissà, ho altre immagini da caricare, e qualche altro sonoro da inventare.
Così, forse, riesco a raccontare quel mondo lontano.