L’ALCHIMISTA

C’è un mondo qui dentro.

Lo senti?

Io lo sento pulsare.

Lo vedo.

Mi passa sotto gli occhi e schizza improvviso. Scarta, devia, ritorna e scompare.

Imprevedibile !

Si c’è un mondo, qui dentro.

Cerco di fermare la sua corsa, il suo moto, la sua rivoluzione.

Stringo il pugno e stringo con esso l’inconsistenza dell’aria.

Si, se provo ad afferrarlo non  ci riesco.

Se ci provo ancora non riesco a prenderlo, a stringerlo, a tenerlo.

Corre veloce.

E’ imprendibile, avvero.

Eppure è proprio qui dentro.

Dentro questa scatola.

Si, c’è un mondo intero, qui dentro.

Ne sento gli odori, anche le sfumature più impercettibili.

Percepisco quelle scie che non sono ancora del tutto svanite. Sono come le orme lasciate nel buio dagli odorosi fumi d’incensi orientali e di sandalo e di gelsomino. Esse riempiono ancora l’aria quando la combustione delle spezie aromatiche è già terminata e la nube profumata dei leggeri vapori si è ormai dissolta. Sento la traccia aromatica che resta ancora a dare consistenza e materia  al tempo svanito, di cui non resta nient’altro che l’eco dei rintocchi, anch’essi impercettibili, che si stanno fermando, mentre la penombra torna assoluta padrona degli spazi chiusi dietro le finestre serrate…

Ormai l’olfatto mi si è dilatato e copre distanze che una volta …

Ma si, una volta non era così sensibile questo naso.

E neanche la vista, che ha cominciato a scorgere i più minuti dettagli anche  nel buio più fitto delle notti senza stelle.

Gli occhi erano piuttosto pigri, una volta.

Come il mio naso, d’altronde, e tutto il mio essere.

Era così, una volta.

E’ stato così fin dall’inizio, da sempre, dall’origine …

Si c’è un mondo, qui dentro, si, si.

In questa scatola magica ci sta bene, è proprio la sede naturale, proprio il luogo adatto.

Ce n’è uno.

Ecco.

E un altro.

E un altro ancora.

Sembrano uguali.

E invece non si assomigliano neanche un po’.

Ho chiesto ad un’ape che mi ronzava furiosamente vicino alle orecchie di raccontarmi cosa vedeva, con quei grandi occhioni neri e marroni.

“Mille e mille gocce di miele stampate sulla capocchia dei pistilli.

Ambrosia.

Profumi e colori che colano da torri di petali colorati.

E case, casette quadrate, una, due, dieci, in una foresta di fili d’erba verde distesa fino all’infinito.

E le mie compagne, gioiose e laboriose.

E Sua Maestà.

La Regina.

Alla quale, tutte, fedeli, dedichiamo la nostra intera esistenza”.

Ed ho fatto la stessa domanda ad uno storno, il capo, il primo davanti a tutti, in quel nugolo nerastro che gli uomini guardano con il naso all’insù, in un misto di sentimenti d’invidia e meraviglia.

E’ lui che, a comando, a suo piacimento, impartisce le istruzioni per quelle virate improvvise e spericolate che fanno volteggiare la nube corporea di neri corpiciattoli piumati grandi come puntine di spillo.

“Cosa vedi di lassù ?

Di sicuro un mondo fatto di scintille e luce e spazi immensi e valli e monti ed alberi e fiore e fiumi e, poi, laggiù, non troppo lontano, verso l’orizzonte, la sterminata irrequieta distesa acquorea dei degli oceani. E in alto…

No ? “

Solo per un attimo si è voltato, per rispondermi.

Era davvero troppo indaffarato a dirigere il moto perpetuo di quello squadrone di irrefrenabili macchine alate.

“Perchè me lo chiedi ?

Non vedi anche tu quello che io vedo ?

Fiumi di nettare che scendono dagli alberi di pesco e dai susini profumati.

E intere nebulose di moscerini sospese nell’abbaccinante mare di luce nel quale siamo condannati a nuotare come banchi di pesci senza quiete.

E verdi spiazzi, sopra le sfarfallanti foglie che pendono dai rami degli immensi platani e degli argentei olivi che fuggono davanti a noi, ogni attimo più veloci, quando tentiamo faticosamente di appoggiare le nostre zampe e riposare le nostre ali affaticate.

In quegli spiazzi vogliamo costruire le nostre città.

In quelle immense foreste che crescono in cima ad altissimi pali infitti nel terreno vorremmo prendere il meritato riposo, costruire il nostro rifugio, allevare i nostri pulcini, dare loro le necessarie lezioni per volare.

Vorremmo creare depositi per le nostre dispense.

Vorremmo incontrare le nostre compagne.

Accarezzare i loro becchi argentati.

E, la sera, vedere spegnersi l’incendio di quella palla di fuoco che attraversa il mare azzurro prima che diventi nero, illuminato da mille e mille faville inafferrabili.

Abbiamo fatto milioni di volte a gara per raggiungere quei puntolini che occhieggiano nel nero d’inchiostro che ricopre il mondo quando l’incendio del giorno si spegne.

A volte uno di quei punti cresce, sempre di più, fino a diventare un’argentata porta rotonda.

Varcare quella porta dev’essere un’esperienza fantastica, si racconta nel nostro gruppo.

Abbiamo fatto le prove per raggiungere almeno quella.

Quella porta deve permettere l’ingresso nel mondo sotterraneo delle tenebre.

Ma …

Anche se siamo curiosi.

Non siamo mai riusciti neanche ad avvicinarci a quella porta.

Fugge via.

Sempre più lontana.

E anche se abbiamo fatto calcoli molto complessi per cercare di avere un’idea più precisa della distanza da percorrere, mai abbiamo sentito di essere giunti vicini alla meta della nostra missione!

E molti, molti di noi sono caduti, si sono sacrificati, stanchi, sfiniti… “

Si, si, quel mondo, quei mondi …

Sembrano uguali.

Come non vedere la realtà ?

Come non comprendere ?

Ho chiesto anche ad un vecchio cane.

E, riassumendo, mi ha descritto un mondo di profumi intensi, di sentimenti assoluti, di vita all’aria aperta, pellegrina e comunitaria, di corse a perdifiato e di cacce accorate e fruttuose.

E poi ho chiesto anche ad un gatto, e anche ad una scimmia dispettosa.

Il gatto, irrequieto e anarchico, mi ha messo sotto gli occhi una realtà fatta a saltelli, di equilibrismi e crudeltà vestite da giochi.

Mentre la scimmia, con aria quasi dottorale, mi ha tenuto una lezione su un suo parente, diffuso in milioni di esemplari sul pianeta Terra, che però, ormai, conduce una vita irrimediabilmente ridotta a condizioni di umile bestia, trascorsa ad arrancare al suolo affollandosi in incredibili intrichi sonori e rumorosi di bussolotti di lamiera o rinchiusa dentro polverosi manufatti alti, a volte, fino a decine di metri.

Ma quella bestia, ormai, è incapace – così mi ha sussurrato malinconica la scimmia – di assaporare il gusto della regola di civile libertà della vita che si assapora ancora sulla cima degli alberi o dondolandosi dai rami con la testa rivolta all’ingiù …

L’ho detto più di una volta che avrei viaggiato.

Viaggerò, ho detto.

L’ho scritto.

E dicevo il vero.

Scrivo solo la verità, per chi sa leggerla o vuole crederci.

E viaggerò.

Viaggerò ancora.

Li ho raccolti tutti viaggiando, questi mondi.

Li ho raccolti come sassi, abbassandomi un po’ con il braccio teso verso il suolo e la mano sensibile.

Li ho colti come fiori, delicatamente, per paura che potessero perdere la freschezza o il colore o la vita.

Li ho raccolti e li ho messi in ordine, come una collezione di francobolli o di monete.

E così adesso me li porto appresso.

Ogni tanto mi fermo a guardarli, ad osservarli, a scuoterli, ancora incredulo di questa ricchezza che farà la mia fortuna, presto o tardi.

I mondi che ho dentro questa scatola magica mi mettono una curiosità che non riesco a trattenere.

Come si vive qui, o là ? E, ancora, in quell’altro ?

Che fantastiche cose accadono in quei mondi ?

Che emozioni, che sensazioni, che palpiti, che sussulti sapranno provocarmi quando avrò imparato a decifrarli fino in fondo, questi mondi !

Devo studiarne le leggi, comprenderne il senso, apprezzarne i valori …

Che fatica immensa !

E che entusiasmo, nel cimento di questa estenuante impresa !

Quando essa si compirà io avrò imparato a distillare l’elisir di conoscenza !

E lo  metterò a disposizione di tutti i figli di Grande Madre Terra !

E tutti e tutti si guarderanno e si guarderanno intorno e cadrà dai loro occhi l’oscuro velo di Ignoranza che li cinge e li acceca e li tiene prigionieri dell’oblìo.

E la mia opera, la mia fatica, la mia caparbia testardaggine li renderà liberi, ridandogli la vista e l’udito ed il gusto della vita !

O Sacra Scienza !

O Sapienza divina !

Ecco il mio compito !

Eccomi a Te !

Adesso Io sono !

Io !

Adesso soltanto io sono !

Adesso !

Io !

Tuo !

Io !

Io !

L’Alchimista !