FIGLI DELLE MIE BRAME !

Bussate, bussate alla mia porta!
E come, come se vi aprirò!!
Siete i benvenuti, ora e sempre
Comunque, dovunque e da ovunque.
Benvenuti, siete, qualunque sia
il vostro nome, odore e colore.
Fratelli? No, più, e più ancora!
Figli! Si, orsù, venite figli! A me!
Non fatevi più oltre attender. Io bramo!
I v’amo, creature! Accorrete pure.
Non temete, v’accolgo come un padre!
Mi conoscete già, io sono il Male.
Genitore d’ogni povero disgraziato,
Padre di tutte le creature sfortunate,
il Capostipite del più misero sfruttato.
Dio dell’oro sono io e delle Nazioni.
Il protettore di frontiere, di confini
e d’ogni altro tipo di barriere doganali.
Son io che regolo il valore delle merci
e dò il prezzo alla forza delle braccia.
A chi mi adora dò speranza di ricchezza.
Invece, crudele io son con chi m’ignora!
Venite, su, venite! Bussate, io v’attendo!
Sempre nel mio tempio aperte son le porte!

6 pensieri riguardo “FIGLI DELLE MIE BRAME !

  1. Non voglio avere per padre il male ma………..il BENE.
    Componi dei versi belli come questi sul BENE. Lo so, è sempre più difficile, intravedere il bene anche perché è nascosto e non fa rumore.

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  2. Mi piace questo tuo commento, Lucetta, molto.
    Anch’io so e penso che il bene sia presente e non faccia rumore, come dici tu. Mi da forza , questa idea, o questa consapevolezza, se vuoi.
    Ma resta che il male è là, nella vita di ogni giorno, nei morti innocenti, nelle ingiustizie che esistono da sempre, nelle vite asservite alla brama di potere o di denaro, nella sopraffazione dell’uomo sull’uomo, nelle guerre, nello sfruttamento della natura e degli uomini da parte di altri uomini che si credono onnipotenti.
    Sono tanti.
    Come sono tante le vittime.
    E a quelli, ai prepotenti, non alle vittime, il male parla.
    E si presenta come padre.
    Il male, di cui non parlo in termini religiosi, però, fa come il diavolo, tenta mille volte, inganna come meglio sa, promette finanche l’impossibile: e molti, tanti, troppi, scellerati, firmano il loro patto mefistofelico col quale vendono l’anima per soddisfare quella brama che li possiede.
    Non entro nel campo religioso, cara Lucetta.
    Non sono nessuno, io, per farlo.
    Se parlo, o scrivo, lo faccio solo da uomo, essere umano fragile e forte al tempo stesso.
    E da uomo mi guardo intorno, e penso, e spero, e soffro o gioisco. Ma sempre da uomo.
    Da uomo vorrei che gli uomini trovassero una strada per la giustizia, chiamiamola così, per il bene, se vuoi, ma la trovassero avendola cercata con attenzione tra i mille intrichi, incroci e intoppi che gli uomini devono affrontare nella vita terrena.
    Quando gli uomini alzano gli occhi al cielo desiderando guardare o sentire la presenza di un giudice superiore, divino, io dico solo che, per quanto bene facciano, hanno comunque perduto la speranza.
    Io spero ancora che gli uomini stessi possano , da soli, con le loro forze, il loro arbitrio, la loro coscienza, umana ma consapevole, costruire in terra il bene.
    Lo spero, ci credo.
    Anche se non posso non vedere che in ogni uomo c’è un miscuglio di bene e di male, che non esiste creatura immune da questa commistione.
    In questo senso, mi piace moltissimo un antichissimo mito sumero, che risale all’incirca a 2 o 3 millenni prima di Cristo. E parla della creazione dell’uomo. Ad opera degli dei (quelli di allora). Operata dal capo degli dei, Enki, lo Zeus di quei tempi (qualche millennio prima dello Zeus di Olimpia), che prende il fango (o la polvere, in altre versioni), prende la materia (o lo spirito, se si vuole) di un dio che viene sacrificato per l’occasione, li unisce e ci soffia sopra (o ci sputa, a seconda delle tradizioni) il suo alito divino. L’uomo, creatura sottoposta agli dei, strumento nelle loro mani per svolgere le fatiche quotidiane a cui anche gli dei sumeri erano soggetti, viene creato per liberare gli dei da un destino di fatiche e sudore.
    Non parla questo mito degli uomini, ma degli dei. Tuttavia io non trovo differenza, in questa storia, fra gli uomini e gli dei. La contaminazione fra il male ed il bene è la contaminazione della materia, fra la polvere e la pasta divina.
    E’ una storia che racconta la sofferenza del vivere, la compresenza del bene e del male, come destino.
    Destino universale, cosmico. Degli uomini e degli dei.
    Liberarsi, lottare, è ciò in cui io credo, stare dalla parte del bene per ridurre lo spazio del male.
    Ma tutto questo solo da uomo.
    Da questo poco che siamo.
    Un abbraccio, cara Lucetta
    Piero

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  3. Ho apprezzato tanto questo tua risposta al mio commentino breve e stringato. Sento e penso come te ….MA sono convinta che l’uomo se non si affida a Dio, se pensa di potercela fare da solo in questa lotta tra il bene sul male che è dentro di lui rimarrà sempre un perdente. Con l’aiuto di Dio invece VINCERA’.
    Ciao Piero, un abbraccio ed un sorriso. 🙂

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  4. So che in questa tua certezza, cara Lucetta io sono perdente.
    Ma lo ritengo solo un mio punto di vista, una delle differenze che è anche il sale del discutere, dello stare insieme, del condividere punti di vista differenti come condivideremmo in un tesoro prezioso le gemme di più svariato colore o provenienza.
    Io credo nell’uomo, se vuoi la mia certezza.
    Ci credo anche se so che l’uomo resta imperfetto e limitato.
    Forse non si può eliminare del tutto il male dal nostro animo, ma la lotta continua, strenua, permanente per l’affermazione del bene contro il male è ciò che rende l’uomo diverso dagli animali, che non conoscono questa differenza e quindi non hanno coscienza.
    Per loro il bene ed il male non esistono, per gli animali il bene ed il male sono la stessa cosa, cioè niente.
    Quindi lottano solo per affermare i propri istinti ed i propri appetiti.
    Gli uomini invece conoscono la differenza fra il bene ed il male.
    Perchè la conoscono? Come è potuto accadere che negli uomini si formasse questa coscienza?
    Non lo so.
    Qui ci sarebbe spazio per la tua risposta “e’ stato Dio”.
    Si, può essere.
    Ma io non ne posso essere certo.
    Su tutto il resto, credo, condividiamo: quella lotta nobilita l’uomo.

    Un caro saluto, Lucetta,
    Piero

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  5. Anch’io Piero…anch’io voglio credere che il bene esiste,ci ho sempre creduto e poi…ho dei bambini tra le mani, come potrei fare altrimenti? In un certo senso la mia ora, è una scelta obbligata o non potrei più fare il lavoro che faccio. A volte penso che la differenza tra bene e male sia nella quantità o nella forza, non so… Il bene sembra fatto di gocce che cadono una dopo l’altra con lentezza esasperante, il male sembra un fiume in piena, dirompente, distruttivo contro cui niente si può se non dopo, cercando di rimediare al disastro, ripartendo un’altra volta e un’altra ancora, e ancora…
    Tutto questo a lungo andare sfibra, indebolisce e forse è proprio questo quello che oggi ci sta succedendo…
    Ciao e un sorriso 🙂

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  6. Il male provoca dolore, lacrime, sofferenza, per questo le vediamo e lo sentiamo tanto.
    Fa male a chi lo subisce ma anche a chi, come te, ha una sensibilità scoperta.
    Fa male, il male, per questo è sempre sotto gli occhi.
    Il bene, invece, è meno visibile, è silenzioso, mite, modesto.
    Per questo spesso non lo si nota.
    Ma fa bene.
    Io penso che nel mondo ci sia più bene che male.
    Ma il male combatte con tutti gli strumenti più perfidi.
    In questo post non fa nient’altro che … il suo spot di pubblicità, non fa nient’altro che mettersi allo specchio e pavoneggiarsi.
    Come accade nel telegiornali, nei notiziari, sulla stampa e, spesso, anche per la strada.
    Ma tu lo sai come la penso, amica mia, nel mondo, nella vita, negli esseri umani, anche dentro di me, c’è il bene e c’è il male.
    Siamo fatti di questo, di bene e di male. Anzi della lotta, del contrasto fra il bene ed il male.
    Per questo, quando hai nelle mani quei tuoi bambini senti la forza che ti scorre nelle vene.
    E’ il calore che ti dà quella lotta.
    E’ come il calore dell’amore, che, come splendidamente ha saputo descrivere Neruda, fa anche paura, è il bello e il brutto, il bene ed il male…
    Così, nel tuo lavoro con la creta informe, con quel tuo saper dare significato, senso, modello, forma, appunto, a quell’argilla molle, il calore che senti della lotta è come il fuoco che è necessario per cuocere l’impasto.
    E quel fuoco, cos’altro è se non la tua lotta?
    Bacioni,
    Piero

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