DIECI MINUTI

Roma. Angolo di Piazza Farnese - photo by Pierperrone
Roma. Angolo di Piazza Farnese – photo by Pierperrone

Dieci minuti.
Non mi posso permettere tanto di più.
Solo dieci minuti.
Al massimo quindici.
Un quarto d’ora.
Me ne sto seduto.
Qui, sotto a questo palazzo.
Palazzo Farnese, a Roma.
C’è una lunga seduta di marmo.
Hanno pensato ai passanti.
Alla sosta, al sollievo.
Sto proprio dietro l’angolo.
Dove la facciata finisce.
A destra.
A destra, dopo la piazza.
Cioè, sul lato sinistro del palazzo.
Uscendo.
Già.
Ma io non sono entrato, prima.
E quindi non sto uscendo, adesso.

Mi sono seduto.
Mi guardo attorno.
Mi guardo passare la vita.
Quella attorno.
Intorno.
Mi passano intorno persone.
invece la auto parcheggiate ingombrano i quattro i bracci.
Anzi, i tre bracci di strada.
E la piazza.
Grande.
Piazza Farnese.
Passa una mamma col passeggino.
Alta.
Bionda.
Capelli tinti castana naturale.
Un’auto m’è passata davanti.
E dopo un taxi…
Nera, la macchina.
Bianco, è ovvio, il taxi.

Un piccione grigio e bianco e celeste.
Cammina davanti ai miei piedi.
Gira l’angolo.
Svolta verso la piazza.
Forse ha un appuntamento.
All’ambasciata di Francia?!
Forse sta passeggiando.
Una donna straniera.
Minuta.
E’ un’orientale, forse.
Indossa un abito nero.
Un prete.
Massiccio.
Un altro.
Magro.
Questo porta una borsa uno shopper rosso amaranto.
Sottile.
Quadrato.
Dentro c’è un poster o un vecchio LP.
Passano.
Uomini e donne.
Chissà dove vanno.
Non si sa da dove arrivano.
Vengono vanno e svaniscono.
Come fantasmi.
fantasmi di carne.
Ma non ho tempo.
Voglio appuntarmi questi dieci minuti.

Turisti.
Sparsi.
Sguardo per aria.
Qualcuno ha buttato gli occhi per terra.
Poi due ragazzi stranieri.
Portano occhiali.
Grandi.
Vistosi.
Gialli e rossi e lenti arancioni.
Un’Audi.
Un’A 6.
E’ grande, qui nello stretto delle viuzze antiche.
Svolta l’angolo.
A destra.
Anzi, è a sinistra.
Un taxi.
Un motorino.
Anzi, uno scooter..
Poi, una pausa.
Un momento di tregua.
Mi respiro la pausa.
Pochi passanti.
Una Fiat 500.
Nera.
Passa quasi svogliata.
Ricordi di tempi passati.
E’ una 500 di oggi.
Una ragazza.
Pare uscita di scuola.
Neri lunghi lisci capelli.
Zainetto sulle spalle.

Sul muro…
Una Smart.
Una Panda.
Una Vespa…
Sul muro, all’angolo…
Un’altra auto.
Non l’ho registrata.
devo correre.
prendo appunti veloce.
Sul muro all’angolo verso Piazza Farnese, di fronte, c’è una bicicletta…
…un’altra automobile.
E’ passata.
Una donna.
Una turista.
Una bicicletta.
La donna turista pedala.
Va.
S’allontana…
Altri turisti stanno arrivando…
…Lì, all’angolo di piazza Farnese, c’è una bici.
E davanti alla bici incatenata ad un palo all’angolo di Piazza Farnese passa una donna.
Ha una borsa verde.
Sottilissima.
Una cartella.
Per disegno.
C’è dentro una stampa!
M’immagino.
Rettangolo grande.
Una borsa forse una grande cartella verde a pois.
Verde nera a pois…
S’allontana.
Ora sparisce…

Un giovanotto.
Porta a spasso il suo cane.
Bianco.
Un altro un giovanotto slanciato porta a spasso il suo casco.
Nero.
Passanti macchine confusione.
Bici.
Un’altra bici.
Questa è fucsia (fuksia – fuxia)
L’altra, quella all’angolo di piazza Farnese legata ad un palo è nera.
Con un grande sedile.
Dietro al sellino.
Sedile per bimbo (sedile di dietro del sellino).
Quella fucsia (fuksia – fuxia) che passa troppo veloce per i miei appunti sul foglio ha un portapacchi nero.
Altro non riesco a fermare.
Passanti.
Passano.
Passanti due con cani due.
Cane bianco.
Cane nero.
Poi.
Pace.
Pausa.
Respiro.
Pochi passanti.
Vanno.
Vengono!
Un grosso cane bastardo passa.
Zoppica e va.
non si sa mai dove va un cane bastardo.
Ma indaffarato annoiato perduto va sempre un cane bastardo.
Passa un elegante signore in gessato azzurro.
Ironia della sorte s’incrocia col cane bastardo.
Il gessato azzurro è un gessato azzurro con pochette amaranto al taschino.
Passa una bici.
Svolta nell’angolo.
Si perde anch’essa.
E se ne va.
Il cane si gira.
Osserva svogliato.
Il gessato azzurro s’è fatto piccolo piccolo grigio e s’allontanato.
Infine s’è perso là avanti nella via lontano…
Il bastardo guarda da un’altra parte.
Ha girato l’angolo.
Annoiato come un vecchio signore.
Va via.

Passa un furgone.
Shark.
La ditta.
Il fardello che si porta sulla groppa.
Sfilano alcune auto.
Una adesso lascia il parcheggio.
Ora c’è un posto vuoto accanto al grande palazzo.
Un posto riservato agli handicappati.
Quel posto adesso non lo occupa nessuno.
La Madonnina vigila.
Dall’edicola sul muro.
In alto dal cielo.
All’angolo del grande palazzo.
Ha un libretto per le contravvenzioni.
Sta sul lato opposto dell’angolo dove mi sono messo seduto.
Chissà se mi ha visto.
Guarda di sbieco.
Il posto non lo vuole occupare nessuno.
Pare s’annoi.
La Madonnina.
Guardo meglio.
E’ concentrata sui dolorosi casi suoi.
Ha gli occhi fissi sul pargolo.
Lo stringe amorevole al petto.
Un prete di sotto passa col grosso cappello.
Nero.
A falde larghe.
Svolta svelto l’angolo e se ne va.
Senza guardare la Madonnina.
Col passo svelto da prete.
Scarpe nere.
Tonaca lunga.
S’intravede solo l’orlo dei pantaloni.
Neri anche quelli.
E’ andato.
Resta la strada.
Là.
Dietro l’angolo.
Via andato sparito.
Passa un autobus elettrico.
Resta la Madonnina là su in alto attenta al suo Bimbo.

Alcuni turisti affaticati accaldati sudati.
Un vecchio.
Porta a spasso il suo amico fedele.
Un cane.
Vanno come sottobraccio.
Affiatati.
Due turisti.
Uno ha la macchina fotografica a tracolla.
E’ proprio un turista perfetto.
Adesso due taxi.
Una navetta del noleggio con conducente.
Un camioncino.
Una Yaris.
Una Smart.
Una Vespa.
C’è traffico quasi arancione era una vespa arancione.
Adesso passa una bici.
In senso contrario.
Un’altra vespa.
In senso contrario alla bici.
Quindi, secondo la direttrice del traffico.
Nera, l’ultima Vespa.
Due ragazzi.
Portano due bottiglie tra le mani.
Una a ciascuno.
Una è una una birra.
L’altra d’acqua minerale.
5 euro in due.
Più o meno.
Coi prezzi del centro di Roma.
Il tempo scorre.
Corre.
Evapora.
Quasi.

Una pausa.
Respiro.
Pochi passanti.
Due turisti.
Un uomo.
Uscito adesso dal lavoro.
Finita la giornata.
Se non si ferma all’angolo a prendere appunti anche lui.
Qualche auto.
Un altro camioncino.
Alto goffo sgraziato.
Roba da robivecchi.
Uno stracciarolo.
Due preti.
Stranieri.
Passano e ridono piano.
Altre auto.
Turisti.
Parcheggiati molti scooter sulla strada sul fianco di palazzo Farnese.
Dietro l’angolo.
Una moto-ape dell’azienda municipalizzata dell’igiene urbana.
Raccolta dell’immondizia, insomma.
Una pittoresca passante in visto abito pesca.
Una lunga Mercedes SLK trecentocinquanta.
Sarebbe 350 ma trecentocinquanta è più lungo.
Come la lunga mercedes.
Nera.
Appunto.
E lunga.
Dietro passa l’auto di scorta.
Probabilmente è l’auto di scorta.
E’ grigia, comunque.
Poi, tre adolescenti.
Shirt fucsia (fuksia – fuxia) nera grigia.
Questi i colori che ho appuntato.
Stranieri.
I ragazzi.
Un ciclista che ha perso le forze.
O forse direzione o speranza.
Comunque si porta a mano la bici.
Segue una giovane mamma con un infante infilato nel caldo marsupio.
S’incontra col padre.
Forse è il padre del bimbo.
Direi da come saluta.
Si salutano.
Poi ognuno va per una propria diversa.
Forse non era il padre del bimbo.
Già.
Ma allora chi era?
Passa una ragazza vestita da prete.
Ma è solo una mise.
Elegante sbarazzina carina.

… il tempo passa.
Un bassotto marrone.
Cucciolo.
Un’auto.
S’è fatto tardi.
I dieci minuti sono passati.
Quante cose in questi dieci minuti!
E intanto il tempo passa.
La vita scorre.
Quante cose in questi dieci minuti.
La vita non l’ho mica appuntata tutta, in questi dieci minuti.
Ma mi dispiace staccarmi dalla vita.
La vota scorre per queste vie.
Corre, dietro quest’angolo.
Corre va senza saluti.
Ah… poterla fermare…
Anche solo per potersela annotare con cura!

9 pensieri riguardo “DIECI MINUTI

  1. È bello sedere a guardare le persone che passano. Anche qui i Medici hanno circondato le loro case di sedili ed hanno allungato i tetti perché riparino dalla pioggia. Spesso ci sono barboni che dormono …. pochi vi si siedono….. intorno scorre la vita…Mi viene in mente l’inizio del film “Il cielo sopra Berlino” con l’angelo che percepisce i pensieri dei passanti, un continuo vocio ….

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  2. Si, pochi si siedono.
    E’ questo che mi colpisce, cara Fausta.
    Tutti vanno, chissà cosa hanno sempre da fare…
    Solo qualcuno si siede.
    Eppure qui a Roma ci sono anche mille sedili fatti di antichi reperti millenari.
    Capitelli, spezzoni di colonne, travi romane, marmi, travertini, monconi di statue mostruosamente mozzate.
    Sedili che spesso stanno là malinconici e solitari.
    Oppure distrattamente occupati da stanchi ignari turisti…

    Brulica la vita: ho visto che è impossibile annotarla tutta.
    Neanche per soli dieci minuti.

    Un abbraccio,
    Piero

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  3. Ho provato a fare un esperimento dopo aver letto: ho chiuso gli occhi e con le immagini che mi ricordavo, mi sono concentrata sui suoni. Ne è uscito un rumore allegro e cacofonico, come quando tappi e stappi le orecchie continuamente. Voci, motori risate, parole…vita appunto. (Non farci caso… son matta se mi ci metto :-))
    Il racconto rende a mio avviso, è veloce, rispecchia la velocità della vita che passa sotto i nostri occhi (ottima scelta…)
    Mi sono piaciute le poche, ma efficaci divagazioni che ti sei concesso: la madonnina, il ciclista, la mamma col bambino. Lì, ti è scappata la mano eh? 🙂 Avevi voglia di immaginare, di guardare dietro l’angolo della vita evidente e spiare le storie, questa almeno è l’impressione che ho avuto.
    E quell’uomo là seduto, che forse prende appunti…mhhm mi sembra di conoscerlo… 🙂
    Un abbraccio grande

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  4. Mi piacciono le persone che fanno le matte quando ci si mettono.
    Si.
    E’ la vita.
    Nient’altro che la vita.
    E si, con qualche divagazione che non sono riuscito a fermare… (ma la mamma col bambino è una immagine vera. Certo, io ho provato a spiegare…ma restano i fatti. Loro.)
    Quelli che mi hanno colpito di più sono certi contrasti che si sono composti sotto gli occhi, quasi ironicamente, ma veri. Perchè la vita è anche questo, ironia dei fatti.
    Ma, vorrei aggiungere anche che la vita è soprattutto ciò che noi riusciamo a registrare dei mille e mille fatti che accadono davanti a noi, e con noi, e senza di noi.
    Ne possiamo cogliere solo alcuni.
    Come in questo diario.
    Quanti ne sono rimasti fuori?
    Moltissimi.
    Più di quelli che ho fatto a tempo a registrare.

    Infine.
    No, non sono io.
    Non so se tu conoscevi quel signore là.
    Ma io non ero di certo.
    Io stavo dietro l’angolo.
    Quello là stava davanti al palazzo.

    Un bacio.
    Piero

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  5. La sosta più lunga nella sbornia romana l’ho fatta al Colosseo, non ho fatto foto tranne alle zampe di un cavallo che reggeva una carrozzella. Me ne son stato li a guardar la gente che passava, che si fermava, che stava ferma a far qualcosa. Mi hai riportato a quei momenti Piero. C’era una coppia di vigili che vigilavano sul traffico d’acqua di un indiano, uno aveva i gradi di tenente e adocchiato l’indiano con le bottigliette nel cellophane invitava il collega a circondarlo. Non ho voluto scattar foto, avrei violato la privacy dei tutori dell’ordine tanto presi a bloccar lo spaccio d’acqua. Accanto a me due donne, una era una guida l’altra un’amica venuta da lontano,quante cose si son dette in quella mezz’ora che son stato seduto sui gradini, di libri di storia di musica e fiori, mentre i vigili desistevano dall’inutile accerchiamento e andavano a firmare un modulo che l’auto di ronda gli consegnava. Il cavallo della carrozzella a turno riposava una zampa mentre il vetturino sonnecchiando fumava. Poi c’erano sciami di ragazzi delle diocesi lombarde venuti per la cerimonia del sabato.
    Insomma quando ci fermiamo un attimo di passa intorno un documentario di vita. Ogni tanto occorre fermarsi, sedersi e stare a guardare, bisognerebbe farlo ogni giorno, magari nello stesso punto, per vedere come cambia il tempo ;).

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  6. E’ uno spettacolo nello spettacolo e senza pagar biglietto
    Quando vado in giro, che sia Roma o altri luoghi, cerco sempre una panca, uno scalino, o una sedia del bar e me ne sto tranquilla e affascinata nell’ osservare lo spettacolo più bello del mondo
    Ma il traffico non lo sopporto :per questo preferisco sempre sedermi sotto un albero o in mezzo al prato
    Gradita molto, grazie, Piero
    Un abbraccio
    Mistral

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  7. Caro Paolo, sento nelle tue parole che ancora non ti sei ripreso del tutto dalla sbornia romana.
    Ma passeranno gli atroci mal di testa e il senso di vuoto e di nausea.
    Magari una spremuta di limone a iuta a digerire e smaltire i fumi dell’alcol storico archeologico.
    Mi piace la tua cronaca davanti al Colosseo.
    A me piace molto stare ad osservare e ruba quanto più posso le immagini del mondo che mi circonda.
    Ma ognuno di noi è uno specchio a se stante.
    Riflettiamo ancora meno, molto meno di quello che ci passa davanti.
    E quindi abbiamo visioni del mondo delt tutto differenti le une dalle altre.
    Ma è bello raccontarsele.
    E’ questo che mi piace, che mi è piaciuto in questo post ed in questi scambi di commenti.
    Un caro salutone a te e ai tuoi (moglie e figlio).
    Piero

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  8. Cara Mistral, grazie della visita.
    Neanche a me piacciono molto il traffico e il rumore.
    E quell’angolo me l’ero scelto, quando ci avevo pensato, per fermarmi a leggere un libro che portavo appresso.
    E ho cominciato.
    Un bel racconto.
    Saramago.
    Un autore che mi piace davvero tanto.
    Poi mi ha preso così, all’improvviso, la smania di fare questo esperimento.
    Appuntarmi dieci minuti di vita, farne l’esperimento per una cronaca, per misurare più quello che mi perdevo che quello che riuscivo a registrare (e quindi nessuno può sapere, a parte me, cosa è risultato da quell’esperimento).
    Alle volte mi siedo in qualche parco, a villa Borghese, o al Giardino degli Aranci (che chiamo il giardino delle fate), per leggere o mettermi a scrivere.
    Porto sempre un libro nella borsa e un blocco.
    Ma, sono attività diverse.
    Non è la pura osservazione,.
    Che pure è… il mio furto preferito.

    Un abbraccio,
    Piero

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