QUESTA REPUBBLICA…

Francisco GOYA – Witches in the Air

Questa repubblica…
Si può dire così?
Questa repubblica?
Cimarron, dubitava dei sentimenti che il sangue gli faceva gorgogliare nella testa.
Esattamente, non si trattava di dubitazioni…
Parola invero inesistente, intanto pensava …
Più esattamente i dubbi riguardano la possibilità di parlare, di dire ciò che la testa viene testardamente a mettere sulla bocca di Cimarron.
Il sangue si fa pece.
Nera.
E bollente…

Questa repubblica…
Si può ancora dire così?
Questa parola, pensa il suo sangue, non ha più alcun senso.
Vuota, desolata, silenziosa…
Stupìta, confusa, attonita…
Spaventata, impaurita, tremante…
Inerme, traditrice, bugiarda, vigliacca…
E’ un’indicibile girandola di sfaccettature, piccole schegge, granelli, sentimenti ridotti in briciole, sensazioni dure e pungenti.
Scaglie di vetro acuminate, sottili, impalpabili eppure implacabili e letali.
Cimarron ristà, dinanzi alla televisione.
Su tutto è calato un’assurda immobile cappa.
Una pace che puzza d’eterno.
Un puzzo che ha il sapore di morte.

Questa repubblica…
Questa repubblica, un giorno pulsava di vita…
Eroi, martiri, santi… tutta gente comune.
Uomini, donne che avevano dato tutto per questa repubblica.
Giovani vite bruciate nelle galere di regime.
Padri e madri d’incalcolabile coraggio che alle lacrime avevano sostituito le braccia.
Mani callose.
Volti bruciati dal sole e dalla fatica.
Sguardi fieri, orgogliosi e consapevoli.
Questa repubblica s’era innalzata al di sopra di tutti, con la forza di quelle mani, di quelle braccia, di quei volti.
Martelli, chiavi, rastrelli e mille e mille altri attrezzi avevano trasmutato la nera terra in frutti maturi, la dura roccia in sostentamento e benessere…

Questa repubblica…
Cimarron ripensa ai suoi cari.
I suoi avi, persi in tombe onorate in qualche paese bruciato dal sole.
La divisa ingualcibile indossata dall’amato padre severo.
Le lunghe bande rosse dei pantaloni e gli alamari al colletto della giacca perfetta.
La dolcezza degli sforzi quotidiani, delle rinunce, delle piccole minute conquiste che la madre ogni giorno sapeva eroicamente compiere senza darlo a vedere.
Il poco diviso con tanti.
E i fratelli.
Quelli di sangue e quelli civili.
Cimarron ora, ancora, ristà.
Ma stavolta sta forse piangendo.
Piccole lacrime amare.
Nascoste in un angolo dell’occhio.
Circospette e impaurite di tanta emozione.
Qualche singhiozzo represso…

Questa repubblica…
Il televisore sulla parete è diventata la finestra che dà su un cimitero.
Morti abbandonati che nessuno ormai più piange.
Forse, solo il muto Cimarron, nella sua silenziosa preghiera.
Il silenzio s’è fatto, d’intorno una cappa pesante di piombo.
La notte è un sudario che puzza di polvere stanca.
L’aria secca, asfissia, annega, strangola, assassina.
Le strade deserte son buie e spettrali.
Lontano, ricorda, c’è la piazza dove una volta sbandierava la festa della repubblica.
E lì, poco lontano, basta svoltare due strade a sinistra…
C’è la grande statua di bronzo innalzata dal popolo urlante di gioia…

Questa repubblica…
Lo stendardo colorato s’è sfilacciato, ormai, sul pennone.
Il tempo ha consumato il ricordo dei fasti passati.
I soldati son diventati cenere spersa nel vento.
E gli uomini?
Gli uomini di questa repubblica?
Ecco.
Già…

Questa repubblica…
Cimarron resta tremante.
L’amaro del pianto gl’impasta la bocca.
Rassegnarsi?
No, si può anche morire senza potersi mai rassegnare.
E’ una morte più lenta a venire.
Ma la vita, così, brucia ancora di più…

Questa repubblica…
Cimarron pensa che deve fare qualcosa.
Una bomba.
Un vampa di fuoco purificatore.
Un pugnale affondato nel collo…
La punizione per mondare il ribrezzo d’una città che muore in silenzio.
Cimarron, ancora immobile resta e tremando ascolta il suo cuore.
Pallido il volto, candido cencio.
Il pensiero non sa di star tramando qualcosa d’orribile.
La testa non crede di saper armare così bene una mano finora incerta ed inerme.
Un eroe…

Questa repubblica…
Pensò Cimarron…
Si può ancora chiamarla così?
Una repubblica…
Cimarron prova a chiamare forte i nomi che gli venivano in mente.
Si sentiva forse qualcuno rispondere per fargli coraggio?
Accorre Pedro, il cane muto che finora era rimasto in salotto.
E anche Simòn, il figlio ch’è rientrato da poco di strada.
Quanta vita c’è ancora in giro a quest’ora…

Questa repubblica…
La repubblica è ancora qualcosa, pensa tristemente nel buio.
Cimarron ricorda la folla che ad alta voce una volta si chiamava per nome…
E andava, battendo forte i piedi per terra…
Faceva tremare al suo terribile passo le case!
La massa attraeva col suo fascino torbido, una volta…
Metteva paura!
Era un cannone pronto a sparare.
Un rosso orizzonte.

Questa repubblica…
Questa repubblica ormai s’è ristretta.
Cimarron pensa perplesso.
Una strana malattia degli uomini l’ha resa arida e fredda.
Una volta, invece, fu verde e fiorente.
Ora cade stanca e stremata.
E attende qualcuno pietoso che l’estirpi per sempre…

Questa repubblica…
Ora l’abitiamo in tre solamente.
Non siamo morti, ancora, noi, siamo testardamente attaccati alla terra.
Ma soli ci sentiamo, tristemente isolati.
Siamo in un vaso costretti e da lì non riusciamo a  fuggire.

Questa repubblica…
Nell’aiuola di là, nella cucina della casa di fronte, si vede un fogliame dondolar mollemente.
Son come noi.
Vecchi alberi che stanno in attesa.
Circospetti, si guardano intorno.
Par che stian piangendo in silenzio.
Hanno la morte nel cuore.
Il silenzio, attorno, s’è fatto attesa penosa.
Il tempo passa e guarda distratto.
Mentre noi restiamo a guardare…

Questa repubblica…
Cimarron sa e non sa, ora, che dire.
La finestra di fronte rimanda il riflesso d’un altro Cimarron desolato.
Uno come quello che lui conosce sì bene da sempre.
Solitario, piange anche lui.
Si.
Piangon da soli i Cimarron di questa repubblica.
Su di loro pesa il silenzio.
E piano, li piega.
Grava su noi il cielo, s’è fatto di pietra pesante.
Una lapide fredda.
C’è forse scritto il mio nome?

Questa repubblica…
Questa sta pensando Cimarron, mentre sforza gli occhi serrati per legger cosa c’è scritto nel cielo nero, lassù.
Ma non m’ha detto alfin cos’ha letto.
E io non so dir se c’è scritto che siam tutti morti, in questa strana repubblica, qua.
Lui s’è ammutolito.
Resta in silenzio.
Piange piano, come un povero vecchio.
Ma il sangue gli pulsa violento.
Finirà per scoppiare.
Perchè Cimarron è il nome d’una bomba letale!

4 pensieri riguardo “QUESTA REPUBBLICA…

  1. Eh, anche di quest’altra qui, almeno come rievocazione, o come resurrezione, o reviviscenza… come ti pare.

    Beh, vediamo.
    Avere più case non poi tanto male.

    Grazie del commento e a presto, caro Osvaldo.
    Piero

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  2. Terribile e vero.
    Non si eliminano a vicenda.
    Purtroppo sono i tempi che a determinare il tono dei racconti.
    L’autore li riflette soltanto.
    Anche se di qualche anno fa, questo testo, un pò depressivo, racconta il vero.
    Grazie e se vuoi passa ancora da questa repubblica.
    Piero

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