DEEP PURPLE

Chissà cose c’era nell’aria, nella musica, nelle vene di quei giovani, in quei giorni…

Quando si chiede al genio della lampada (youtube!!!) lui esaudisce sempre i desideri.

Conosce tutti i segreti e sa cosa fare.

Ecco, stasera, gli avevo chiesto qualcosa di speciale.

Rolling Stones?

Who?

Jethro Tull?

C’è.

Ci sono.

Ci sono tutti.

Full concert!

Io mi sono steso sui Deep Purple, al limite estremo dei miei gusti … di allora (non parliamo di oggi!). Si, sono l’estremo lembo della musica prima che si trasformi in rumore, certo. Ma sono anche l’energia che diventa estrema prima di diventare caos!

No? Provare (e riprovare) per credere!

Please!

 

3 pensieri riguardo “DEEP PURPLE

  1. Ciao Piero! E’ vero, you tube è davvero un pozzo di meraviglie…
    Non sono mai stata una “rockettara”, poca cosa in questo senso,Sai quanto sono stata presa in giro per questo?
    Ma è innegabile che alcuni pezzi, anche per me sono stati fondamentali.
    Un abbraccio
    Buona giornata! 🙂

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    1. io non sono stato metallaro, no, mai. La musica, per me, deve contenere sempre una dimensione … non so come dire, melodica, armonica, ecco. il suono elettrico impazzito mi ha sempre messo ansia, insicurezza, precarietà. mi trasmetteva quella sensazione di disperazione che … non ho mai saputo accettare.
      il rock, come piace(va) a me era qualcosa che accetta(va) il mondo, lo descrive(va) e lo cirtica(va), lo immagina(va), lo sogna(va), lo costrui(sce/va)…
      insomma, se vuoi, Patrizia, era il segno di una lotta per qualcosa di migliore da costruire…
      i Deep Purple stavano proprio sul confine.
      ma era un confine non solo fra la disperazione e il mondo migliore che volevamo costruire, era anche un confine con un’espressione commerciale della musica… niente a che vedere con il mercato di oggi, padrone di un immenso latifondo che sta marcendo incolto e incontrollato. quello, almeno, era ancora un mercato in gabbia, tenuto a bada da quella voglia di cambiare il mondo che ci animava.

      oggi, quel confine è crollato. il mercato ha dilagato ovunque, come un’epidemia di peste che non risparmia niente e nessuno. non è un mercato questo, non lo è neanche nel senso della teoria economica che ho studiato all’università. oggi questo è qualcosa di molto malato, qualcosa che sta uccidendo l’uomo, anzi, l’Uomo.
      ti ricordi? lo chiamavano “consumismo”, negli anni ottanta e novanta, e ne dicevano un gran male. il male erano i sintomi che stavano annientando il gusto, il senso critico, la scelta, il desiderio, il sogno… erano ancora cose che stavano in quella musica che piaceva a me, almeno ne erano una piccola eco…
      poi è arrivato il liberismo, lo chiamano così, la “deregulation”: ti ricordi? Reagan, la Tatcher li hanno imposti al mondo. E’ stato n elettroshock. Quello, il mondo, è stato lobotomizzato… e adesso è arrivato il momento degli istinti, della liberazione della belva che c’è dentro l’uomo. il dio denaro ha conquistato tutto, ha trionfato.
      il demone ha vinto.

      a me continua a piacere quella musica di allora. anche se ho aggiunto molti altri lati a quel confine di allora. e così è diventato il punto al centro di un universo più vasto, nel quale sono felice di vivere, cara Patrizia. forse la maturità, l’età che sto vivendo, che non posso chiamare vecchiaia, anche se, ormai, avrò percorso circa due terzi del mio cammino, forse la maturità è questo miracolo, comprendere la felicità di vivere al centro di un universo che ognuno si può costruire, un universo unico, irripetibile, che ognuno può abbellire con ciò che ama di più… se solo è ancora in grado di capire l’importanza di amare!
      ho l’impressione che questa parola “amare” non sia più compresa, intesa, nella sua vastità infinita.
      pare che si declini l’amore solo nei suoi aspetti più banali, deformandolo nel suo fratello minore, “l’appetito”, nel senso di brama istintiva.
      desiderare e prendere, questo è, forse, oggi, per tanti, l’amore.
      desiderare e prendere.
      neanche essere desiderati ed essere presi, che pure richiederebbe lo sforzo fibrillante della riflessione su sè stessi come oggetti.
      desiderare e prendere, in un vortice da ubriachi, al cui culmine c’è il senso di nausea che porta con sè ogni sbornia, lo stesso senso di nausea che provoca il vuoto.

      ecco, cara Patrizia… vedi?
      non stare a sentire me, senti solo la musica. era profonda: e se il rock non ti piaceva, sono sicuro che dentro di te non mancava una melodia armonica e dolce. forse era la tua musica che ascoltavi. oggi, chi l’ascolta con te, i tuoi cari, a casa, ed i tuoi bambini/ragazzi, a scuola, sono molto fortunati.

      un abbraccio,
      Piero

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