Ero ancora giovane. Eppure non ero ancora nato.
Non ero ancora nato, quando Gozzano sognava, pazzo, la verità di sogno della sua Utopia. E intanto ero ancora troppo giovane per capire i versi di Francesco che prendeva a prestito Gozzano per cantare il nostro sogno. Sognavamo.
I versi di Guccini si intrecciano con quelli di Gozzano. L’età dell’adolescenza s’incrocia con quella degli studi liceali. L’età età della incoscienza s’intralcia con quella della presa di coscienza.
Nel 1971 avevo 12 anni. Troppo pochi per una coscienza che guardasse all’Utopia come ad una metà, reale o irreale, dipende solo dalla capacità di sognare o dall’incapacità di sopportare l’illusione del sogno.
Mi resi conto dell’importanza dell’Utopia solo più tardi. Crescendo. Tra una lezione di filosofia ed una canzone di Francesco. Guccini. In quei giorni, quando a scuola avevo finalmente le lezioni di filosofia, ormai, raggiungevo i 16 anni.
Era il 1975. Erano anni che duravano un’eternità. Erano anni che non tornano più. In quegli anni cambiava il mondo, mentre, dentro e fuori cambiavo io, per primo. Cercavo di diventare uomo. Di essere. Cosa avevo dentro, allora?
Era il 1975, allora. Dentro e fuori c’era un mondo che cresceva, si agitava, si contorceva, come i rami di un ulivo costretto a stare dentro una gabbia. Erano gli anni in cui si inseguivano i sogni, le utopie.
I sogni, le utopie. I sogni, le utopie di un’intera nazione, di un popolo. Oltre che di un piccolo ragazzo che voleva diventare un uomo. Parlavamo, allora. Discutevamo. Non c’era una sola verità. Non c’era.
La verità. Non c’era una verità. La dovevamo misurare. Dovevo essere io stesso la misura della mia verità. Dovevamo costruire tutti insieme la Verità. Una verità nella quale stare tutti, comodi. Nella quale viaggiare veloci.
Era una macchina, un aereo supersonico, una capsula spaziale, il mezzo che ci spingeva verso quel sogno. Verso l’Utopia. Verso la Verità. Avevo fretta. Una fretta giustificata. La stessa fretta di un pazzo.
Avevo fretta. E non ero il solo. Ero pazzo. E non ero solo. Volevamo raggiungere la verità, il sogno l’utopia. Esistevamo per questo. Sbagliavamo per questo. Peccavamo per questo. Morivamo per questo.
Morivamo dannati. Come Jim Morrison. Come Jimy Hendrix. Come Janis Joplin. Eravamo dannati. Pazzi. dannati. E disperati. Come Allen Ginsberg. Come Bob Dylan. Come Joan Baez. Eravamo pazzi. Come Syd Barret.
Morivamo pazzi e dannati. Morivamo e diventavamo grandi, nel frattempo. Diventavamo adulti. Ci piaceva parlare. Discutere. Mettere tutto sottosopra. Niente era vero. Noi dovevamo misurare a grandi passi il mondo della verità.
Gozzano impallidiva, a vederci così, coi capelli arruffati dei ragazzi lentigginosi. Impallidiva, ma era felice di camminare al nostro fianco. Camminavamo, compatti. Marciavamo, nelle piazze. E urlavamo. Pazzi. Di gioia.
Marciavamo e riempivamo le piazze. Urlavamo. Come un’onda inarrestabile conquistavamo lo spazio che avevamo davanti. Uno spazio immenso. Senza limiti. E avevamo al fianco poeti e filosofi. Pazzi di gioia. Cantavamo. Felici.
Tutti insieme. Tutto il mondo era nostro. Tutto il futuro era squadernato davanti a noi. Era tutto nostro. Avevamo 12 anni. Nel 1971. Avevamo il vento nelle ali. Volavamo alto. L’Utopia era la nostra meta. La nostra verità.
Guido GOZZANOLa più bellaI. Ma bella più di tutte l’Isola Non-Trovata: quella che il Re di Spagna s’ebbe da suo cugino il Re di Portogallo con firma sugellata e bulla del Pontefice in gotico latino.L’Infante fece vela pel regno favoloso, vide le fortunate: Iunonia, Gorgo, Hera e il Mare di Sargasso e il Mare Tenebroso quell’isola cercando… Ma l’isola non c’era.
Invano le galee panciute a vele tonde, II. La segnano le carte antiche dei corsari. Radono con le prore quella beata riva: S’annuncia col profumo, come una cortigiana,
La poesia è stata pubblicata per la prima volta nel 1913, sulla rivista “La lettura”. |
Francesco GUCCINIL’ISOLA NON TROVATA…Ma bella più di tutte l’ isola non trovata, quella che il Re di Spagna s’ ebbe da suo cugino, il Re di Portogallo, con firma suggellata e “bulla” del pontefice in Gotico-Latino…Il Re di Spagna fece vela cercando l’ isola incantata, però quell’ isola non c’era e mai nessuno l’ha trovata: svanì di prua dalla galea come un’ idea, come una splendida utopia, è andata via e non tornerà mai più…
Le antiche carte dei corsari portano un segno misterioso
La canzone appartiene all’album “L’Isola non trovata”, pubblicato per la prima volta nel 1971. |
Io l’ ho trovata la mia isola………volere bene….. oppure se vuoi un fioretto al giorno….un’ azione buona …..almeno una al giorno…..è quella l’ isola che non c’è se tu non la vuoi vedere, ma c’è se la vedi con altri occhi……..io la penso così, gli altri pensino quello che vogliono.
Au revoir.
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Sono d’accordo con te. E’ l’isola dei miti.
Per questo siamo simili.
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Auguri per questo nuovo inizio….
Bello tutto, il post, la poesia e la canzone, sob! Avevo 20 anni quando l’ha scritta. A presto.
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L’anonimo sono io.
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Flo, ti confesso che avevo davvero voglia di avere il tuo parere.
Grazie.
A presto.
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l’anonimo sono io questa volta.
Bisogna che imparo come funziona quest’altra macchina infernale.
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